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Dispositivi medici, diritti del malato, Consenso Informato:l’alleanza solida e consapevole fra medico e paziente

Dispositivi medici, diritti del malato, Consenso Informato:l’alleanza solida e consapevole fra medico e paziente

Pacemaker, defibrillatori, neurostimolatori, impianti salvavita: fondamentale conoscerne durata, prestazioni, complicanze mediche, rischio di sostituzioni. L’impegno del Ministero della Salute ad aprire un tavolo di lavoro

 

Quanto è importante sapere “a che cosa si va incontro” oppure “che cosa ci si deve aspettare” per i pazienti che si sottopongono all’impianto di un dispositivo medico e a un intervento chirurgico? La risposta è solo apparentemente banale, basti pensare che organizzazioni prestigiose come Cittadinanzattiva, che si sono sempre battute per i diritti del malato, hanno rinnovato l’invito alle Istituzioni sanitarie perché nelle procedure e nei moduli di Consenso Informato – che ogni paziente deve sottoscrivere prima dell’intervento – vengano inserite non solo le funzioni e caratteristiche tecnologiche del dispositivo, ma anche la sua durata, le possibili complicanze mediche, il numero di sostituzioni previste. A seguito dell’incontro, che si è tenuto in questi giorni, il Ministero della Salute ha promesso la rapida apertura di un tavolo di lavoro, finalizzato alla standardizzazione delle procedure di acquisizione del Consenso Informato.

Il concetto di durata del dispositivo, nel caso dei sistemi “impiantabili attivi”, è inevitabilmente connesso alle prestazioni delle batterie: infatti, tali dispositivi, per assolvere alle loro funzioni, hanno bisogno di una fonte di energia autonoma interna, le batterie, appunto. Esse hanno durata limitata nel tempo e la loro sostituzione implica, necessariamente, anche quella del dispositivo in cui sono alloggiate. E’ quindi necessario intervenire chirurgicamente sul paziente, con ciò che questo comporta, esponendolo anche ai rischi di possibili complicanze, inevitabilmente connesse ad ogni intervento chirurgico. Per questo, è importante ridurre la frequenza con cui ogni portatore di dispositivo si deve sottoporre a tali procedure, per minimizzare sia i rischi cui viene esposto (complicanze infettive, malfunzionamenti, peggioramento della qualità di vita), sia i costi sostenuti dal SSN – per sostituzioni e gestione delle complicanze – che potrebbero inficiare l’accesso alla terapia da parte di nuovi pazienti. Dello stesso avviso è il dott. Antonino Marra, Presidente di Parkinson Italia “Avere un’idea della durata del dispositivo che viene impiantato in un malato è fondamentale. Sapere cosa comporta ogni sostituzione in termini di rischi rende i pazienti più consapevoli. Sarebbe, inoltre, opportuno conoscere meglio le opzioni attualmente disponibili. Se, per esempio, la stimolazione cerebrale profonda (DBS) è ancora oggi una soluzione poco conosciuta dai malati di Parkinson, ancor meno si sa che esistono dispositivi medici che impiegano batterie ricaricabili, di fatto azzerando la necessità di sottoporsi alle procedure di sostituzione che, oltre ad essere rischiose, sono ritenute estremamente invasive dai pazienti”.

Nel corso dell’incontro sono state anche presentate al dott. Andrea Urbani, Direttore Generale della Programmazione Sanitaria, una serie di raccomandazioni nate dal confronto tra esponenti di Cittadinanzattiva, Istituzioni, Società scientifiche e Organizzazioni civiche. E’ stato evidenziato come un adeguato percorso di acquisizione del Consenso Informato sia un elemento fondamentale dell’intero percorso terapeutico, dal punto di vista etico ed economico. L’acquisizione di un Consenso Informato più consapevole, infatti, oltre a ridurre sensibilmente il contenzioso, permetterebbe maggiore aderenza ai percorsi di cura, garantendo migliore assistenza e un miglior rapporto medico – paziente.

Parlando, per esempio, di dispositivi medici, è essenziale che il paziente sappia che anche i più diffusi e conosciuti, quali pacemaker o defibrillatori, non sono tutti uguali. “Ogni paziente” ha dichiarato Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Delegato di AISC – Associazione Italiana Scompensati Cardiaci, “ha il diritto ad essere consapevole del ruolo che questi preziosi alleati biomedicali potranno avere per la sua salute e per la sua vita, quale dispositivo gli venga impiantato e quali siano gli aspetti da considerare per accoglierli e gestirli nel modo migliore. La longevità, intesa come tempo di usura dei materiali, o durata delle batterie, è uno dei più rilevanti, perché la maggiore durata di un dispositivo significa una riduzione automatica delle sostituzioni e, di conseguenza, dei rischi correlati ai re-interventi. Basti pensare che, secondo recenti indagini, ben il 73% dei pazienti europei ha indicato il re-intervento per la sostituzione del dispositivo come la fonte di maggiore preoccupazione. Inoltre” aggiunge la Dottoressa Di Somma, “dare informazioni adeguate sul percorso di cura, renderlo più comprensibile, farne comprendere l’effettiva utilità aiuta il paziente ad essere maggiormente aderente alle terapie, riducendo così il rischio di riacutizzozioni dello scompenso cardiaco e le inevitabili ricadute sui costi di gestione della malattia, e sulle liste d’attesa ospedaliere”.

Di rilievo, nell’iniziativa promossa da Cittadinanzattiva e dalle varie Associazioni di Medici e di Pazienti, è anche l’impegno a uniformare le procedure, i linguaggi e la raccolta dei dati per il Consenso Informato, attualmente senza una precisa codifica e la cui definizione è lasciata all’arbitrio dei singoli Centri. L’uniformità è improntata a criteri di equità verso i pazienti ma, nel contempo, rappresenta uno strumento efficace per ridurre il contenzioso, aumentare la sicurezza e aderenza alle terapie e, quindi, generare una concreta fonte di economie per il Servizio Sanitario Nazionale. Per questo, Il dott. Urbani ha dichiarato la totale disponibilità del Ministero ad avviare un approfondito confronto sull’argomento con la speranza di pervenire insieme – ed al più presto – all’elaborazione di una standardizzazione delle procedure di acquisizione del consenso informato. Da qui, l’istituzione di un tavolo di lavoro che coinvolga organizzazioni di cittadini e pazienti, Società Scientifiche, Ordini Professionali, esperti sul tema.

Nella proposta di miglioramento e razionalizzazione delle procedure, si auspica che il documento sul Consenso informato sia costituto da una parte generale, adottata da tutti i reparti e aree specialistiche dell’Azienda Sanitaria, e da una parte variabile contenente le specifiche tecniche del trattamento, quest’ultima cruciale laddove si tratti di dispositivi medici che hanno proprio nell’innovazione tecnologica il “valore terapeutico aggiunto”.

Milano, 22 febbraio 2018