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Con un progetto per identificare le cellule leucemiche, dottoranda Insubria vince il premio Società Genetica Umana

Grazie ad un progetto tutto varesino sull’identificazione delle cellule leucemiche, la dottoranda Alessia Rainero dell’Università degli Studi dell’Insubria si è aggiudicata il Premio della Società Italiana di Genetica Umana.

rainero_portaLa dottoressa Rainero, 28 anni di Comabbio, frequenta il Dottorato di Medicina Sperimentale e Translazionale ad indirizzo Oncologico e ha ricevuto il prestigioso Premio S.I.G.U nell’ambito del XVIII Congresso Italiano di Genetica Umana, svoltosi a Rimini dal 14 al 21 ottobre.
Il Premio le è stato attribuito grazie alla presentazione orale del progetto “gDNA Q-PCR per l’identificazione di cellule leucemiche positive al cromosoma philadelphia indipendentemente dal loro stato trascrizionale”.

La ricerca – diretta dal Professor Giovanni Porta, docente di Genetica Medica – si è svolta all’interno del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università degli Studi dell’Insubria grazie al supporto della Fondazione Anna Villa e Felice Rusconi, di AIL Varese, della Fondazione Comunitaria del Varesotto e della Fondazione Banca del Monte di Lombardia.

«I pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica sono costretti ad assumere i farmaci inibitori delle Tirosin chinasi per tutta la vita – spiega il Professor Porta -. Per identificare i pazienti che rispondono bene alla terapia o che potrebbero essere candidati all’interruzione della terapia e quindi dirsi “curati” è importante usare una tecnica molto sensibile e che identifichi la presenza o l’assenza di cellule leucemiche direttamente».

Il progetto ha visto l’utilizzo di una nuova tecnica ideata dal Professor Porta nel 2008 per individuare le cellule leucemiche attraverso l’identificazione di una sequenza di DNA presente solo nelle cellule malate del paziente. «Questa sequenza “errore” presente nelle cellule leucemiche è diversa per ogni paziente, quindi il test è specifico per ogni individuo affetto. Il nuovo test, applicato a decine di pazienti, ha identificato cellule leucemiche nell’80% dei campioni considerati negativi con le tecniche diagnostiche attualmente utilizzate. Tra i pazienti seguiti sono stati quindi identificati individui che realmente non presentavano più cellule leucemiche e che quindi potrebbero dirsi curati. Solo ulteriori studi con la nuova tecnica di gDNA per individuare pazienti candidati a protocolli per l’interruzione della terapia potranno darci la certezza che la negativizzazione corrisponda ad una cura effettiva».

La tecnica attualmente sarà applicata a pazienti seguiti all’Ospedale Niguarda di Milano e, a breve, anche all’Ospedale di Circolo Fondazione Macchi di Varese.

Varese, 4 novembre 2015