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Epatite C: l'ospedale San Raffaele avvia il progetto Mehlim (micro eliminazione di HCV e linkage to care degli immigrati a Milano)

Epatite C: l’ospedale San Raffaele avvia il progetto Mehlim (micro eliminazione di HCV e linkage to care degli immigrati a Milano)

Un programma di informazione e screening gratuito per HCV rivolto alle fasce di persone fragili e difficili da raggiungere sul territorio milanese

Parte in questi giorni a Milano il progetto “Micro eliminazione di HCV e Linkage to care degli Immigrati a Milano (MEHLIM)” un’iniziativa sviluppata e coordinata dall’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dalla professoressa Antonella Castagna, con il supporto non condizionante di GILEAD, e rivolta agli immigrati provenienti dai paesi ad alta prevalenza di HCV presenti sul territorio di Milano, che rappresentano una fascia di persone più vulnerabile e difficile da raggiungere.

Il progetto intende rimuovere alcuni degli ostacoli che rappresentano un limite alla cura: fattori linguistici, diffidenza, inconsapevolezza del rischio per la propria salute e paure di altro genere. Tutti fattori che impediscono di diagnosticare la malattia, limitando quindi la possibilità di iniziare il percorso di cura.

Proprio con l’intento di favorire la diagnosi precoce e il rapido accesso al cure, al fine di ridurre la trasmissibilità dell’infezione virale, l’IRCCS Ospedale San Raffaele ha già aderito al progetto  di screening per l’epatite C che Regione Lombardia ha attivato da giugno 2022, e dedicato a tutte le persone nate tra il 1969 e il 1989.

La nostra iniziativa va ad integrare il programma della Regione Lombardia nell’ambito più generale del programma nazionale del Ministero della Salute per l’eliminazione della infezione da HCV”, spiega il dottor Hamid Hasson, infettivologo presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele e coordinatore del progetto.

L’OMS ha definito nel 2016 la strategia per l’eliminazione dell’epatite virale, con l’obiettivo di ridurre del 90% le nuove infezioni e del 65% i decessi causati dall’epatite virale entro il 2030. “Tale obiettivo è sostenuto dall’introduzione di farmaci rivoluzionari e dalla riduzione del rischio di trasmissione dell’epatite C ma per raggiungerlo è fondamentale la diagnosi precoce” spiega lo specialista.

In cosa consiste il progetto Mehlim

Il progetto è rivolto agli immigrati, residenti a Milano e provenienti dalle aree geografiche con rischio maggiore di incidenza di HCV, e sarà organizzato in collaborazione con diverse comunità presenti sul territorio milanese. Il coinvolgimento delle comunità di immigrati presenti sul territorio di Milano rappresenta l’elemento cardine del programma perché, aiutando ad abbattere le barriere di diffidenza, facilita il raggiungimento delle persone più a rischio.

Abbiamo creato un gruppo di lavoro dedicato con un medico infettivologo e un mediatore linguistico per superare le barriere culturali e per raggiungere un elevato numero di uomini e donne”, spiega il dottor Hasson, coordinatore del progetto.

Il primo appuntamento sarà 10 dicembre con la comunità Casa della Cultura Musulmana: una giornata informativa e di screening direttamente nella sede della comunità dove le persone interessate potranno eseguire i test gratuiti e in forma anonima. Qualora il test anticorpale, eseguito con un semplice pungi dito, risultasse positivo i riferenti del progetto attiveranno un percorso fast-track per accedere alla prima visita epatologica presso l’Ospedale San Raffaele e iniziare tempestivamente l’iter terapeutico.

 L’Epatite C

 È un’infezione causata da un virus (HCV) che è capace di replicarsi, colpendo il fegato causandone un’infiammazione che tende a cronicizzare. L’infezione si trasmette per via ematica, attraverso pratiche e comportamenti che possono veicolare sangue o liquidi biologici infetti. Colpisce 58 milioni di persone nel mondo con circa 1,5 milioni di nuove infezioni annue.

L’epatite virale è una delle principali cause di morte a livello globale con circa 1,5 milioni di decessi all’anno. A livello mondiale i virus dell’epatite B e C sono responsabili dell’80% dei casi di tumore del fegato. L’eliminazione dell’infezione in Italia rappresenta tuttora una sfida anche dopo l’avvento dei farmaci antivirali ad azione diretta (DAA). La scoperta di tali farmaci ha costituito un rivoluzione nella cura dell’infezione spazzando via l’uso dell’interferone il cui utilizzo era gravato da una serie di effetti collaterali.

La vera sfida da affrontare è quella di raggiungere i soggetti a rischio e quindi diagnosticare precocemente l’eventuale positività sierologica ed effettiva presenza del virus. Oggi fare diagnosi è di estrema facilità e rapidità, con il test rapido capillare si fa diagnosi in pochi minuti.

I soggetti che risultano positivi passano al secondo livello diagnostico, ovvero, si va a verificare l’effettiva presenza del virus e nell’eventualità di un riscontro positivo si avvia un percorso terapeutico di breve durata (due-tre mesi). I farmaci sono da assumere esclusivamente per bocca e risultano sicuri e ben tollerati oltre a garantire la guarigione dalla malattia nel 95% dei soggetti trattati.

Milano, 5 dicembre 2022